Ritmi urbani. Pop musica e ritmi di massa (Meltemi) by Iain Chambers

Ritmi urbani. Pop musica e ritmi di massa (Meltemi) by Iain Chambers

autore:Iain Chambers [Chambers, Iain]
La lingua: eng
Format: epub
editore: Meltemi
pubblicato: 2018-04-16T10:40:36+00:00


Il riflusso. 1: gli heavy metal

Profondamente endemico tra gli hippy e gli stili di vita della controcultura si era rivelato un particolare aspetto del romanticismo maschile, ispirato all’iconografia dell’America ribelle di Kerouac e Dylan, di James Dean e Jim Morrison. La strada era la sua metafora centrale, e quelli “nati per essere selvaggi” (Steppenwolf) si addobbavano con la tipica divisa da strada: tessuti jeans e movenze ciondolanti, “erba” e gergo da marciapiede. Questa era “la cultura di strada che affascinava i giovani di periferia, una versione romantica della cultura dei gruppi giovanili della classe operaia”138. Quasi tutte le opzioni che si raccoglievano intorno alla musica progressiva parteciparono a questo spirito romantico e alle sue sfumature provocatorie. Lungo le autostrade del sogno e nella gelida oscurità di bar immaginari, il country-rock “rilassato” degli Eagles o la musica muscolare dei Led Zeppelin, riconoscevano le donne (chicks, squinzie) solo come cartelli indicatori verso una malcelata misoginia. Ma fu l’heavy metal che finalmente gettò la maschera ed eliminò tutte le ambiguità. Dal momento che erano necessarie le “palle” per suonare questa musica, come ricordavano continuamente le riviste musicali, furono poi definiti i riti celebratori di quello che qualche osservatore aveva brutalmente denominato “cock rock” (rock coi coglioni) 139. Annunciato dal successo dei Led Zeppelin verso la fine degli anni Sessanta e propagandato da una grande quantità di gruppi dal sound più o meno simile, agli inizi del decennio successivo, l’heavy metal, nonostante le proteste di molti critici rock, fu senza dubbio un prodotto “mutante” della musica progressiva. Partendo dall’estetica di quest’ultima, largamente fondata sulla chitarra (tecnica strumentale + pretese sofisticate = arte), l’heavy metal la trasformò con successo in un rumoroso e immediato populismo musicale. La formazione classica di un gruppo heavy metal, derivata dal blues urbano, consisteva in una combinazione basilare di basso elettrico e batteria che produceva un martellante beat nel quale la voce e la chitarra solista si intrecciavano in un gioco narcisistico e rispecchiavano un’aggressività musicale e sessuale (cfr. Discografia). L’heavy metal aveva inoltre rielaborato alcuni aspetti del primo movimento hippy in una chiave più diretta. Per quelli che non potevano o non volevano abbandonarsi alle utopie rievocate dalla “California” o da “Katmandu”, questo stile proponeva un modo di vita più concreto, strettamente legato alle emozioni immediate della musica ad alto volume, alla birra e alle compagnie esclusivamente maschili. La sua rozza ed elementare poetica esaltava senza pudori le qualità fondamentali della sessualità maschile.

Come notò il critico americano Robert Christgau, questa musica non era “sexy”, ma semplicemente aggressiva. Ai festival di Reading, di Knebworth, e di altre località, si potevano vedere orde di maschi in jeans e capelli lunghi che consumavano grandi quantità di birra e suonavano immaginarie chitarre in un servile omaggio ai propri alter ego che si esibivano sul palco. Il pubblico dell’heavy metal era (ed è) composto da una alleanza “popolare” tra studenti e operai trasandati, una sorta di inaspettato connubio fra la cultura dei rocker e quella degli hippy. Dal 1970, questa musica e il suo pubblico sono arrivati a occupare uno spazio prominente e permanente nei gusti della provincia.



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